La località si trova a valle di Laterina, immediatamente a sud della strada provinciale, su quell’ampia area pianeggiante compresa fra il torrente Bregine e l’Arno.
Durante il Medioevo ed il Rinascimento, questa zona fu caratterizzata da vaste paludi e da alvei secondari del fiume. Ebbero qui alcuni beni le famiglie dei Manieri e dei Berti. Durante il Seicento questi vennero acquistati dai Corboli, una famiglia proveniente da Badia d’Agnano, in Val d’Ambra, che vi costruirono una ‘casa da signore’ ed una fattoria.

Nel 1709, Sinibaldo Corboli, figlio del cavalier Filippo, eresse la cappella, dedicata alla Sacra Famiglia. Esternamente è caratterizzata da un portale architravato, sormontato da un finestrone dorico lucifero e dallo stemma in marmo dei Corboli (emblema gentilizio che ritroviamo pure nel plinto sinistro dell’altare) e fiancheggiato da due finestrelle munite di inferriata. Internamente presenta un altare su mensoloni, inquadrato da lesene composite, sorregenti un frontone spezzato, all’ interno del quale si trovano la colomba dello Spirito Santo perimetrata da una raggiera dorata e alcune teste di cherubini tra nuvole, in stucco bianco. Sotto l’ara vi è la lapide dedicatoria.

(«SACELLUM HOC / D.O.M. / QUI UNIGENITO FILIO SUO / ET MARIA VIRGINI GENITRICE/ EIUSQUE VIRO SANCTO JOSEPH / QUORUM CONVERSATIO APUD ALTISSIMUM / HIC ADORATUR / IN PERENNE PIETATIS MONUMENTUM / SINIBALDUS CORBOLI EQUITIS PHILIPPI FILIUS / TALITER CONVERSANTIUM CUM SUIS OMNIBUS CHRISTI FIDELIBUS / SOCIUS EFFICI CUPIENS / AD MDCCIX D.D.D.)

Nel 1756, i Corboli vendettero la ‘casa da signore’ dell’Isola, con le ‘case da lavoratore’ e i vari terreni da essa dipendenti, a Giovanni di Andrea Ginori. Quest’ultimo, a partire dal 1757, iniziò un’organica bonifica della piana ed una radicale ristrutturazione del sistema fondiario, costruendo nuove e più razionali case coloniche.
Alcuni membri della famiglia Ginori sono sepolti nella cappella (Francesco Ginori, morto nel 1827, e Anna Gerini Ginori, deceduta nel 1841). Nel 1846, i Ginori vendettero la fattoria, con venticinque poderi, a Leopoldo II, andando a far parte della tenuta granducale di Laterina.

Dopo l’annessione della Toscana al regno d’Italia, negli Anni Sessanta dell’Ottocento, la tenuta fu acquistata dal geologo, ricco imprenditore e raffinato collezionista inglese Francis Joseph Sloane (1795-1871), giunto in Toscana attorno al 1824 quale segretario e bibliotecario del conte Demetrius Petrovich Boutourline; era proprietario dal 1848 della villa medicea di Careggi, presso Firenze, e fu il finanziatore della nuova facciata della basilica fiorentina di Santa Croce (1854-1863), progettata da Niccolò Matas. Nel 1871 la tenuta dell’Isola, insieme alla villa di Careggi, passò al conté Augusto Boutourline, il cui precettore era stato proprio lo Sloane.

Alla seconda metà dell’Ottocento risale la ristrutturazione della villa: una solida e lineare volumetria parallelepipeda, la cui fronte meridionale è caratterizzata da tre portefinestre centinate, dotate di persiane verdi alla livornese, precedute da una scala centrale in pietra.
Attorno alla villa lo Sloane, come già aveva fatto a Careggi attorno al 1853, fece ridisegnare il parco, con un folto selvatico, posto a settentrione, tra l’edificio e la strada Provinciale Vecchia Aretina (forse preesistente), e con numerosi nuovi alberi di origine esotica, secondo il gusto dell’epoca (cedri del Libano, cedri d’Atlante, ippocastani rosa, abeti di Spagna, sequoie sempre verdi), alcuni fatti giungere anche da fuori Europa.

Un viale rettilineo, fiancheggiato da piante di rose e di lillà e da imponenti sughere, iniziando dalla villa, conduceva al torrente Bregine; un secondo viale conduceva al cancello d’ingresso, a Occidente, inquadrato da due pilastri in pietra. Immediatamente ad ovest della villa e ai margini del selvatico venne innalzata una grande serra per riporvi le conche dei limoni e gli altri fiori in vaso, durante la stagione invernale.
La villa fattoria dell’Isola fu il perno di una vastissima tenuta, confinante verso oriente con l’altra di Monsoglio. Ancor oggi dipendono dalla fattoria alcune famiglie da generazioni legate all’Isola, come quella dei Margiacchi.