Il toponimo Chiusuri, località posta tra Casanuova ed il torrente Agna, forse può essere interpretato nell’accezione ‘militare’ di sbarramento (derivante dal latino classis, cioè divisione, separazione), nome ricorrente durante le guerre bizantino-longobarde a indicare un luogo contrapposto, lungo il limes (confine), ai loca signata, gli avamposti bizantini innalzati contro i Longobardi. Talvolta, però (come potrebbe trattarsi in questo caso), il toponimo Chiuso o Chiasso stava a indicare un terreno ‘chiuso’, cioè recintato, di pertinenza regia o signorile: le terrae cum clausura, tipiche di un ordinamento fondiario longobardo.
In questo luogo, già abitato in età preistorica e poi in quella etrusca e romana (come testimoniano alcuni rinvenimenti a carattere archeologico), venne costruita, tra Cinque e Seicento, una casa da signore a pianta rettangolare. La fronte, rivolta verso occidente, presenta cinque assi di finestre architravate doriche al primo piano, mentre il piano terreno è contraddistinto da un portale centinato mediano, perimetrato da una raggiera di conci schiacciati e terminanti a fiamma estradossale in corrispondenza del concio in chiave d’arco; di lato si aprono quattro finestrelle rettangolari. L’ampia superficie intonacata era conclusa da un bugnato liscio a vista in corrispondenza dei pilastri d’angolata. Purtroppo i più recenti ampliamenti, risalenti a quando l’edificio è stato declassato a casa colonica (tettoia antistante, sopraelevazione di un piano), hanno in parte alterato l’originaria configurazione.
Il prospetto settentrionale ha due assi di finestre analoghe, mentre quello meridionale è contraddistinto da una loggia a tre luci (ora parzialmente tamponata), la cui copertura, in origine, poggiava su quattro colonne doriche in arenaria e su mensole, parimenti in pietra. Sotto la loggia si apre un secondo portale simile al precedente. Internamente, la sala d’ingresso conserva tuttora un bel camino in pietra, la cui trabeazione poggia su mensole a volute ed è impreziosita, nel fregio, da uno stemma nobiliare a bassorilievo, entro una ghirlanda di foglie e nastri svolazzanti; le modanature del cornicione si ripetono negli eleganti ma sobri portali.
L’edificio fu dei conti Guinigi, quindi delle famiglie Rodi e Pampaloni di Castiglion Fibocchi, infine, dal 1966 appartiene alla famiglia Giangeri.